L’importanza della continuità elettrica

Un’interruzione di energia elettrica può mettere fuori uso un impianto di videosorveglianza in meno di un secondo. Per evitare il rischio di sabotaggi e garantire una protezione totale basta adottare sistemi di alimentazione o switch di rete con batterie tampone oppure gruppi di continuità (UPS) idonei a soddisfare il fabbisogno energetico in assenza di rete.

Il principio cardine di ogni im­pianto di sicurezza, dai sistemi antintrusione alla videosorve­glianza, è la capacità di opera­re H24 non solo in condizioni normali, ma anche in caso di eventi eccezionali come un black-out elettrico involontario oppure causato dall’azione di un malintenzionato (sabotaggio). Proprio per questo motivo, le centrali antintru­sione e le sirene sono dotate di una o più batte­rie tampone che – in caso di interruzione della fornitura di energia elettrica per guasti di rete, cortocircuiti, fulmini e sabotaggi – forniscono l’alimentazione necessaria per garantire il cor­retto funzionamento dell’impianto d’allarme per alcune ore.

La maggior parte degli impianti di videosorve­glianza installati in abitazioni, uffici o piccoli ne­gozi, invece, non ha alcuna protezione integrata nei confronti dei black-out. Di conseguenza, le telecamere e i dispositivi DVR/NVR possono es­sere messi fuori uso semplicemente spegnendo la linea d’alimentazione sul quadro elettrico oppu­re l’interruttore generale del contatore elettrico, che solitamente si trova in posizione “comoda” (e a volte anche esterna, magari lontano dalle telecamere) per ragioni di sicurezza. Con questa semplice mossa, il malintenzionato può agire indisturbato e commettere i propri crimini facendosi beffe delle telecamere dell’im­pianto di videosorveglianza.

Per risolvere questo grave problema, spesso sot­tovalutato dagli installatori meno esperti so­prattutto nelle installazioni domestiche e picco­lo-commerciali (negozi), esistono varie soluzioni facilmente integrabili in fase di progettazione dell’impianto e, in parte, adattabili anche a im­pianti già esistenti: gli alimentatori centralizzati con batteria tampone, gli UPS e gli switch PoE con backup integrato.

Garantire la continuità elettrica: alimentatori centralizzati con backup per telecamere, DVR e NVR

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Oltre alle centrali di alimentazione con batteria di backup, sono disponibili anche alimentatori con uscita batteria, che si possono posizionare nelle scatole di derivazione a tenuta stagna nelle vicinanze delle telecamere e garantiscono una lunga autonomia (anche di diverse ore) in caso di black-out o manomissione della linea di alimentazione

La soluzione più completa e affidabile per ga­rantire il funzionamento H24 di un impianto di videosorveglianza è rappresentata dagli ali­mentatori centralizzati con funzione di backup. Disponibili in vari modelli, si differenziano prin­cipalmente per la corrente massima fornita (10, 20, 30, 40 A e oltre) e il numero di uscite (tutte in parallelo) e sono dotati di un morsetto dedica­to alla carica e al mantenimento della batteria tampone.

In caso di blackout, l’alimentatore ri­leva l’assenza della tensione di rete e commuta l’uscita della batteria verso i morsetti dove sono collegati i componenti dell’impianto (telecamere, DVR, NVR ecc.), garantendo così la piena opera­tività del sistema. Dal momento che quasi tutti gli impianti di vi­deosorveglianza lavorano a 12 Vcc, le batterie al piombo utilizzate come backup rappresentano una soluzione economica, pratica e anche effi­ciente perché non è richiesta né la conversione di tensione né quella di tipologia di corrente (da continua ad alternata e viceversa).

La commutazione tra la linea di rete AC (che viene a mancare durante il black-out) e quella DC (batterie) è praticamente istantanea, così da impedire che i dispositivi possano spegnersi e quindi resettarsi o interrompere temporanea­ mente alcune funzioni “vitali” come la registra­zione delle riprese su hard disk o su cloud.  A seconda della quantità di corrente massima erogata e del numero di uscite, gli alimentatori con funzione di backup possono essere utilizzati per fornire la tensione necessaria a singoli gruppi di telecamere o all’intero impianto.

Nel primo caso si ottengono gruppi di alimentazione sepa­rati e indipendenti tra loro, ideali per i sistemi di videosorveglianza posizionati in magazzini, box e dependance.

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Le batterie al piombo-acido da 12 Vcc impiegate negli alimentatori con funzione backup e negli UPS hanno una capacità di 7,2 – 9 Ah e vanno sostituite ogni 2-3 anni

Gli alimentatori e le batterie (solitamente da 12 Vcc – 7,5/9 Ah) sono sufficientemente compatti, fino al punto di essere ospitati in piccole scatole di derivazione esterna impermeabili, meglio se installate nei pressi di una telecamera e non alla portata dei malintenzionati.  Si tratta di alimentatori non idonei per gli im­pianti IP con tecnologia PoE, che richiede ten­sioni di lavoro più elevate (24-48 Vcc) fornite da appositi alimentatori, esterni oppure integrati negli switch di rete. In questo caso bisogna af­fidarsi agli UPS oppure agli switch con batteria tampone integrata o esterna.

Dimensionare la centrale di alimentazione “All-in-one”

Quando si ha la necessità di alimentare l’intero impianto di sorveglianza da una singola posta­zione, bisogna realizzare un gruppo di alimen­tazione centralizzato autonomo, dimensionato in modo da gestire anche decine di telecamere, il DVR/NVR e gli altri componenti dell’impianto. Questo gruppo viene solitamente installato nel locale tecnico insieme al DVR/NVR e protetto da adeguati sistemi di sicurezza.

La capacità e il numero di batterie tampone im­piegate devono essere calcolati in base all’assor­bimento massimo delle telecamere (con illumi­natori IR integrati/esterni attivi) e all’autonomia richiesta.

Semplificando al massimo i calcoli e accettando un margine di errore, una sola batteria da 7,5 – 9 Ah nel pieno della sua efficienza (quando le batterie invecchiano forniscono meno corrente e per meno tempo) è in grado di alimentare un sistema di videosorveglianza con DVR/NVR e 16 oppure 8 telecamere per un massimo di 30- 60 minuti.

Alcuni alimentatori centralizzati di livello me­dio-alto sono anche dotati di speciali filtri che “puliscono” la tensione di rete prima che giunga all’alimentatore, evitando sbalzi e interferenze che possono compromettere il buon funziona­mento e accorciare la vita utile dei componenti più delicati di un impianto di videosorveglianza (per esempio i Led degli illuminatori, i sensori delle telecamere e gli hard disk del DVR/NVR).

Particolarmente utili sono anche i tamper e le uscite di allarme (NO/NC) che servono a inter­facciare l’alimentatore centralizzato con un impianto antintrusione, un combinatore telefo­nico stand-alone oppure una sirena per inviare notifiche e generare allarmi in caso di black-out o manomissione.

UPS: backup e filtraggio per qualsiasi apparecchio elettronico

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In termini di costo e prestazioni, gli UPS con il miglior rapporto prezzo/ prestazioni per la videosorveglianza sono quelli di tipo “line-interactive” (in foto un modello Epyc da 2200 VA/1320 W)

La sempre maggiore sofisticatezza dei circuiti elettronici digitali richiede non solo di evitare le interruzioni di corrente, ma anche di proteggere l’impianto dai fenomeni che possono compro­mettere la qualità dell’energia (sovratensioni, variazioni di tensione e frequenza).

Per garantire una protezione a 360 gradi, sono nati gli UPS (Uninterruptible Power Supply) ov­vero i gruppi di continuità. Inizialmente impie­gati solo in ambito professionale e industriale, gli UPS hanno ormai ampiamente conquistato anche le abitazioni (per proteggere PC, monitor, console videogiochi ecc.), i negozi, gli esercizi commerciali e i piccoli uffici.

Com’è fatto l’UPS e come sceglierlo

L’UPS è composto da cinque elementi fondamen­tali, in parte identici a quelli degli alimentatori con backup:

  • una o più batterie al piombo-acido da 12 Vcc;
  • un inverter che trasforma la corrente continua (DC) ottenuta dall’alimentatore o dalla batteria (in caso di black-out) in corrente alternata “puli­ta” (AC) da utilizzare per le periferiche collegate;
  • un alimentatore switching con funzione di ricarica delle batterie;
  • un raddrizzatore che stabilizza la corrente alternata in entrata (AC) trasformandola in corrente continua (DC);
  • un modulo di comunicazione USB o Ethernet per monitorare e gestire le funzioni dell’UPS tramite PC, sia in locale che da remoto.

I prezzi degli UPS partono da 50-100 euro per i modelli consumer più semplici fino ad arrivare a migliaia di euro per quelli professionali, deci­samente più affidabili e performanti. I diversi dispositivi si differenziano per elementi quali la qualità del segnale elettrico generato, la rapi­dità di intervento, l’efficienza di conversione, la quantità di corrente fornita ai dispositivi colle­gati, che incide sulla loro autonomia in caso si verifichi un black-out.

L’elemento più importante da considerare du­rante la scelta dell’UPS è innanzitutto il “carico” che il dispositivo è in grado di sostenere, ovvero il consumo complessivo di tutti i dispositivi col­legati (si veda l’approfondimento sulla differenza tra potenza apparente ed effettiva al termine di questo parahgrafo).

Il secondo elemento di cui tenere conto è la qua­lità del segnale elettrico generato dall’inverter, corrispondente a tre diverse tipologie di onda. I modelli più economici generano un’onda trape­zoidale, quelli di fascia media un’onda pseudo-si­nusoidale (simulata), quelli di fascia alta, infine, producono un’onda rigorosamente sinusoidale, cioè identica a quella della rete elettrica. Visto che le apparecchiature elettroniche sono state progettate per funzionare con un’onda sinusoidale, è sempre preferibile scegliere UPS che generano un’onda dello stesso tipo, reale o simulata che sia.

Gli UPS economici sono di tipo off-line (stan­dby), cioè entrano in funzione dopo circa 5-10 millisecondi dal rilevamento del black-out e non sono dotati di particolari protezioni da disturbi o sbalzi di tensione presenti sulla rete elettrica, visto che le apparecchiature vengono alimentate direttamente dalla rete. Oltre ad avere prestazio­ni limitate, non garantiscono il livello di affida­bilità necessario, soprattutto per l’utilizzo negli impianti di videosorveglianza.

Gli UPS di tipo on-line offrono invece una prote­zione costantemente “interattiva”: intervengono rapidamente (0,01 ms) e forniscono una tensione pulita e stabilizzata.

In posizione intermedia si collocano gli UPS li­ne-interactive, che presentano tempi di interven­to simili a quelli degli UPS off-line (circa 5 ms) ma sono dotati di un livello di protezione vicino a quello fornito dai dispositivi on-line. Questa tipologia di UPS può essere considerata ottimale per proteggere un impianto di videosorveglianza domestico o professionale, con un occhio di ri­guardo sia alle prestazioni che ai costi.

LA DIFFERENZA TRA POTENZA APPARENTE ED EFFETTIVA 

Per calcolare la potenza di un UPS e il relativo tempo di autonomia in caso di black-out, bisogna convertire l’unità di misura dell a capacità (VA) in watt. La formula è molto semplice:

Potenza (watt) = Potenza apparente (VA) x Fattore di potenza

Il fattore di potenza (cosφ) varia a seconda che il carico sia resistivo (1-0,9 nel caso, per esempio, di alimentatori di nuova generazione con PFC attivo) o induttivo (0,5- 0,6 nel caso di motori elettrici, alimentatori con PFC passivo ecc.).

Anche se in un impianto di videosorveglianza (nel caso di un sistema non centralizzato) si utilizzano alimentatori di vario tipo, è sempre meglio considerare il caso peggiore (così da incrementare i margini di sicurezza) ipotizzando un fattore di potenza pari a 0,5-0,6.

La potenza effettiva 

Un UPS che dichiara una capacità di 1000 VA sarà in grado di generare una potenza “istantanea” (cioè di durata pari a pochi secondi o minuti) di 500-600 watt (1000×0,5 – 1000×0,6) o di 1000-900 watt (1000×1 – 1000×0,9). Solo raramente la capacità reale di un UPS corrisponde a quella dichiarata: per gli stessi motivi di cui sopra, è meglio cautelarsi togliendo un 10-20% al valore VA riportato sulla confezione e nella scheda tecnica (un UPS con capacità di 1000 VA sarà in realtà, nel migliore dei casi, da 800-900 VA).

Il consumo complessivo dell’impianto 

A questo punto bisogna sommare i consumi di ogni componente dell’impianto, tenendo conto che, approssimativamente, una telecamera Day&Night (con IR) consuma in media 6-10 watt, un DVR/NVR 30-40 watt, un modem/ router 10-20 watt e uno switch di rete 5-10 watt.1

Ipotizzando di dover proteggere un impianto composto da 8 telecamere Day&Night, un DVR/NVR, un modem/router e un paio di switch, l’assorbimento complessivo varia tra 100 e 160 watt. Dal momento che ogni UPS ha una curva di carico/autonomia differente, solo conoscendola è possibile ricavare l’autonomia approssimativa a seconda dell’assorbimento del carico.

Teoricamente, un buon UPS line-interactive da 1200 VA (600-700 watt) può garantire un’adeguata protezione dai fenomeni elettrici e dai disturbi della rete 24 ore su 24, un’autonomia fino a 40-50 minuti in caso di black-out e una buona riserva di potenza per future espansioni (come l’installazione di ulteriori telecamere IR). Con una capacità superiore come 1500 VA o 2200 VA si può arrivare anche a 60-80 minuti.

Possibili configurazioni  e mantenimento dell’efficienza

Un sistema di protezione con UPS può tranquillamente convivere con uno o più alimentatori “locali” con funzione di backup in caso di impianti frazionati e distanti tra loro (per esempio in configurazioni quali casa+giardino+box esterno oppure ufficio+magazzino esterno+area esterna), incrementando così sia l’autonomia sia la sicurezza.

Per mantenere sempre efficiente un UPS, è bene ricordare di sostituire le batterie interne ogni 2-3 anni oppure in caso di segnalazione da parte del software di monitoraggio, proprio come nelle centrali antintrusione.

1) Sono stati inclusi tra i dispositivi protetti anche il modem/ router e gli switch di rete eventualmente presenti, perché devono anch’essi garantire lo streaming delle riprese verso la rete LAN oppure su Internet, così come devono assicurare l’invio delle notifiche di allarme in caso di black-out. In caso contrario, l’utente non potrebbe mai sapere che si è verificata un’interruzione e non riuscirebbe di conseguenza a intervenire rapidamente per ripristinare il normale funzionamento del sistema.

Come comportarsi con  le telecamere “wireless”?

Le telecamere wireless impiegate nei sistemi di videosorveglianza per abitazioni e negozi han­no al loro interno una batteria agli ioni di litio (ricaricabile oppure usa e getta) che assicura un’autonomia di diversi mesi. Possono quindi continuare a funzionare regolarmente in caso di black-out elettrico e registrare le riprese nella scheda di memoria Micro-SD integrata. La batteria interna e lo slot MSD non risolvono però tutti i problemi in quanto, per poter comu­nicare con la rete (Internet, cloud, app), hanno comunque bisogno di essere connesse al mo­dem/router e, in molti casi, anche al loro gateway (modulo di controllo).

Anche per le telecamere wireless, quindi, si rende necessario un sistema di backup che permetta a gateway, extender e modem/router di conti­nuare a funzionare anche in assenza della rete elettrica. Si tratta di un sistema decisamente più semplice (basta un UPS da 1000 VA) ma comunque fondamentale per garantire la massima sicurezza H24.


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